Nel cinema del passato si utilizzavano le pellicole e quindi i film venivano proiettati in bianco e nero, ma questo è solo iltermine che veniva usato per descrivere questo tipo di proiezioni, in realtà tutto veniva raffigurato tramite scala di GRIGI per rappresentare la profondità altra componente molto importante era la luce
Il ruolo della luce e il 'realismo' del bianco e nero
Nell'immagine in b. e n. le variazioni tonali sono provocate dall'azione combinata della luce con la scenografia e i costumi. La luce, dando per scontato nel nostro discorso che nulla è totalmente scindibile dal tutto, ha le funzioni determinanti di formare la scala dei grigi e di separare gli oggetti fra loro e dal fondo. Sul piano estetico, invece, dà volume e plasticità agli oggetti, divide lo spazio, scandisce il tempo (il giorno e la notte). La mancanza di colore è compensata da chiaroscuri, flou, aloni, silhouette, ombre, raggi obliqui, riflessi, sfondi luminosi. Sullo schermo, figure e oggetti in controluce, tende e persiane che vengono aperte per svelare l'ambiente o le facce, candele e lampade che scavano nel buio, ombre che si avvicinano, diventano presto dei topoi, modi di espressione e di visione, e, in altre parole, mezzo di narrazione. La luce, quindi, è portatrice di senso, veicolo privilegiato di emozioni: dunque il suo uso dipende dal tipo di rappresentazione. Il cinema comico sembra richiedere una scala di grigi non troppo contrastata, ossia luci diffuse, adatte ai campi medi e ai totali, in modo che siano sempre visibili i movimenti e la mimica dei personaggi dentro l'ambiente, e sia sempre 'chiara' la situazione. I grigi sono dosati anche in funzione psicologica: il chiarore è di per sé tranquillizzante, e l'oscurità, quando c'è, piuttosto che a generare ansia serve a far nascere le gag e gli equivoci. Sono notti tenui in cui si deve vedere tutto, come quella del tentato suicidio in City lights di Charlie Chaplin (1931; Luci della città): mentre il lieto fine, l'incontro-agnizione con la giovane fioraia, è immerso nel rasserenante chiarore del mattino. Nella rappresentazione drammatica, invece, la luce detta le atmosfere e mette in immagini i contrasti, li asseconda, li sottolinea. Nei film che seguono la tradizione del romanzo psicologico dell'Ottocento, il paesaggio e gli ambienti rispecchiano gli stati d'animo dei personaggi; oppure più modernamente li isolano per contrasto, facendo della luce un elemento essenziale della messa in scena anche negli esterni dal vero (dove peraltro la luce naturale è quasi sempre 'aiutata' dalla luce artificiale). Già il cinema muto, alla ricerca di tutte le possibili variazioni, arriva a impadronirsi del sole del deserto (Greed, 1924, Rapacità, di Eric von Stroheim), dei boschi che filtrano i raggi del sole (Sunrise, 1927, Aurora, di Friedrich W. Murnau), del plenilunio che cade sui ciliegi in fiore (), della nebbia (The lodger ‒ A story of the London fog, 1926, Il pensionante ‒ Una storia della nebbia di Londra, di Alfred Hitchcock).
Sunrise, 1927, Aurora, di Friedrich W. Murnau
Link :
http://www.treccani.it/enciclopedia/bianco-e-nero_(Enciclopedia-del-Cinema)/
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